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L’IA nelle playlist di Spotify penalizza artisti emergenti

L’IA nelle playlist di Spotify penalizza artisti emergenti


L’IA nelle playlist di Spotify penalizza artisti emergenti, oppure no?

Spotify è la piattaforma di streaming musicale più popolare al mondo, con oltre 365 milioni di utenti attivi al mese e 165 milioni di abbonati. Ma il suo successo ha anche un rovescio della medaglia: la crescente dipendenza dall’intelligenza artificiale (IA) per creare e gestire le playlist, che sono il cuore dell’esperienza di ascolto su Spotify. Questa scelta ha delle implicazioni non solo per i curatori umani, che vedono il loro ruolo sempre più marginale, ma anche per gli artisti emergenti, che devono affrontare una concorrenza sempre più spietata e una distribuzione sempre più ingiusta delle royalty.

L’IA e le playlist: una scelta strategica

Le playlist sono una delle funzionalità più apprezzate dagli utenti di Spotify, che possono scegliere tra migliaia di raccolte di brani selezionati in base a generi, umori, attività, occasioni, o anche a preferenze personali. Le playlist sono anche uno dei principali strumenti di scoperta musicale, che permettono agli utenti di conoscere nuovi artisti e brani in linea con i loro gusti. Spotify offre sia playlist editoriali, create da esperti di musica, sia playlist generate, create da algoritmi che analizzano i dati degli utenti e delle tracce.

Spotify ha sempre puntato sull’IA per migliorare il suo servizio e la sua offerta. Già nel 2014, ha acquisito Echo Nest, una società specializzata nell’analisi dei dati musicali, che ha permesso a Spotify di creare la famosa playlist Discover Weekly, che propone ogni settimana 30 brani personalizzati per ogni utente. Da allora, Spotify ha continuato a investire nell’IA, sia per ottimizzare le sue playlist esistenti, sia per crearne di nuove, come Daily Mix, Release Radar, On Repeat, e altre. Spotify ha anche introdotto la funzione Blend, che permette agli utenti di creare una playlist condivisa con un amico, basata sui loro gusti comuni.

L’IA ha anche un ruolo chiave nella gestione delle playlist editoriali, che sono quelle create da curatori umani. Infatti, Spotify fornisce ai suoi editor una serie di strumenti basati sull’IA, come il Playlist Analyzer, che valuta la coerenza e la qualità di una playlist, o il Playlist Miner, che suggerisce dei brani da aggiungere o rimuovere da una playlist. Inoltre, Spotify usa l’IA per monitorare le performance delle playlist, misurando vari indicatori, come il numero di ascolti, di skip, di salvataggi, di follower, e altri. Questi dati sono usati per valutare il lavoro degli editor e per decidere quali playlist promuovere o rimuovere dalla piattaforma.

L’IA e le playlist: una scelta problematica

Se da un lato l’IA può sembrare una soluzione efficace e efficiente per creare e gestire le playlist, dall’altro lato presenta anche dei problemi e dei rischi, sia per i curatori umani, sia per gli artisti emergenti.

Per i curatori umani, l’IA rappresenta una minaccia alla loro professionalità e alla loro creatività. Come riporta Bloomberg, negli ultimi anni Spotify ha licenziato molti dei suoi editor, riducendo i team umani e affidando sempre più compiti all’IA. Questo ha portato a una perdita di competenza e sensibilità musicale, che spesso gli algoritmi non riescono a replicare. Inoltre, gli editor rimasti sono costretti a seguire le indicazioni dell’IA, che privilegia i brani più popolari e sicuri, a scapito di quelli più originali e innovativi. Così facendo, si perde il valore aggiunto delle playlist editoriali, che dovrebbero essere delle vetrine per la scoperta e la valorizzazione di nuovi talenti e generi musicali.

Per gli artisti emergenti, l’IA rappresenta una barriera alla loro visibilità e alla loro remunerazione. Come evidenzia il rapporto 2023 di Luminate, ogni anno decine di milioni di tracce audio non vengono ascoltate da nessuno, a causa della sovrabbondanza di offerta e della scarsa distribuzione. Gli artisti emergenti devono competere con i grandi nomi della musica, che occupano la maggior parte delle playlist e degli stream. Inoltre, devono adeguarsi ai criteri dell’IA, che spesso sono opachi e arbitrari, per sperare di entrare nelle playlist e di raggiungere un pubblico più ampio. Infine, devono subire un sistema di pagamento delle royalty che li penalizza, basato sul modello pro-rata, che favorisce i brani più ascoltati, a prescindere dal numero e dalla durata degli ascolti.

L’IA e le playlist: una scelta da rivedere

Spotify ha fatto della sua IA uno dei suoi punti di forza, ma anche uno dei suoi punti deboli. Se da un lato l’IA può migliorare l’esperienza di ascolto degli utenti, dall’altro lato può peggiorare la qualità e la diversità dell’offerta musicale, e danneggiare i curatori e gli artisti emergenti. Per questo, Spotify dovrebbe rivedere la sua scelta strategica, e trovare un equilibrio migliore tra l’IA e l’umano, tra l’efficienza e la creatività, tra il profitto e la giustizia. Solo così Spotify potrà continuare a essere la piattaforma di streaming musicale più popolare e apprezzata al mondo, e a contribuire allo sviluppo e alla diffusione della cultura musicale.

E Voi, cosa ne pensate? L’IA nelle playlist di Spotify penalizza gli artisti emergenti? Fatecelo sapere qui

[News] Algoriddim lancia la nuovissima app per Mac, Neural Mix Pro

Neural Mix di Algoriddim é il primo lettore ed editor musicale alimentato da AI per musicisti, DJ e produttori.

Il creatore di djay Algoriddim è tornato con una nuovissima app.
Si chiama Neural Mix Pro. Si tratta di un lettore musicale basato sull’intelligenza artificiale che può aiutarti a modificare e riprodurre brani.

Il suo nuovissimo lettore ed editor musicale basato su AI fornisce la separazione delle sorgenti audio in tempo reale e l’estrazione precisa dal ritmo di elementi musicali utilizzabili poi dai produttori, DJ e musicisti.

La nuova app è un lettore musicale avanzato che consentirà di disattivare l’audio delle tracce vocali e strumentali individualmente all’interno dei brani, modificare i tempi e persino trasporre i brani in tempo reale. Questo può essere utilizzato da musicisti o creativi che vogliono esercitarsi con la loro musica ma anche dai DJ. Include una funzione di esportazione offline, un editor di loop, un browser musicale con integrazione dell’app Musica e del Finder e un lettore musicale AI. Quest’ultimo è la chiave per cambiare la tonalità e il tempo dei brani, isolare le singole parti dei brani e ascoltare i brani preferiti.

Grazie al nostro amico Giona Guidi, per la segnalazione e per essersi reso disponibile a testare e recensire l’app in uno dei prossimi articoli