[Recensione] AiAiAi TMA-1 Cuffia DJ e Studio

Grazie ai ragazzi di AiAiAi (suona cuoriosamente in italiano ma questo è il nome dell’azienda) abbiamo l’opportunità di testare le cuffie TMA-1. Dopo aver letto la presentazione fatta dal produttore che descrive il prodotto come cuffia da DJ, ma anche per il monitoring in studio di registrazione, abbiamo pensato di testare le TMA-1 nei due ambienti di riferimento. Abbiamo consegnato la demo unit al nostro Giona Guidi che era in partenza per un tour di serate nell’est Europa e gli abbiamo chiesto di paragonare le TMA-1 alle cuffie che normalmente utilizza. Successivamente abbiamo chiesto al dj producer e sound engeneer Lele Cecchini di verificarne le prestazioni in una delle sue sessioni in studio di registrazione con Giona Guidi. Ecco i loro feedback.

Giona Guidi: Mi ha colpito moltissimo il design originale e ricercato e la scelta di un nero opaco che le rende apparentemente anonime rispetto alla concorrenza, ma proprio per questa scelta totalmente diverse e, quindi, immeditamente identificabili.  La confezione è già di per sè accattivante e richiama un pò la scelta del packaging di Apple, ossia ordinato ed elegante.

Una volta aperta la scatola troviamo la cuffia, il cavo rimovibile, la bustina per riporla dotata  di zip “king size” ed un paio di cuscinetti auricolari di ricambio. Mi sono soffermato sul cavo ed ho apprezzato la scelta di renderlo rimovibile, sia per la maggiore facilità nel riporre la cuffia una volta terminato il suo utilizzo, sia per la possibilità di sostituirlo senza dover ricorrere al saldatore.

Molto intelligente la struttura del cavo che è privo di spirale nella prima parte (quella che si collega alla cuffia) e diventa invece elastico (grazie alla spirale) nella parte lato mixer, mentre il suo peso mi è sembrato fastidiosamente  eccessivo. Il connettore, come consuetudine è sia jack 1/4 che mini jack.

La struttura dell’arco è estremamente resistente e si può maltrattare senza correre il rischio che si spezzi. I due auricolari sono regolabili in estensione separatamente, grazie ad un sistema su binario a scatti prestabiliti. Una volta arrivato al club ho pensato di fare una prova comparativa con le cuffie che utilizzo solitamente, ossia le tradizionali Technics RPDJ-1200. Ho scelto di iniziare con le Technics e passare alle TMA-1 a metà del mio set, proprio per rendermi conto, dopo un’oretta di saturazione delle orecchie, quale sarebbe stato il percepito in termini di qualità e comfort. Devo dire che la cosa che ho immediatamente rilevato è  stata la maggiore sensazione di leggerezza sulla testa (la cuffia ha un peso di circa 190 grammi). La pressione sulle orecchie è maggiore, il che le rende più stabili, eppure non ho provato fastidi o dolori al padiglione. Parlando di isolamento acustico dall’ambiente rumoroso tipico di una consolle, non posso che promuoverle a pieni voti.

I due auricolari avvolgono l’orecchio alla perfezione ed è possibile concentrarsi sulla battuta anche con volumi piuttosto bassi, a tutto vantaggio della salute dei nostri timpani. I Bassi spingono notevolmente grazie ai 40mm dei due drivers e, ciò nonostante, sono riuscito a distinguere medi e alti in modo netto e preciso, il tutto dopo aver bombardato le mie orecchie con un’ora di pressione sonora a varie frequenze. Un’ultima annotazione tecnica riguarda il volume complessivo delle TMA-1. Mi sembra di poter dire che sia ben più alto di quello offerto dalle cuffie comparate, il che rende sicuramente più facile distinguere il beat durante la fase di mixaggio, ma potrebbe indurre anche ad esagerare. Occhio al benessere delle vostre preziose orecchie! Mi rendo conto che il confronto sia inadeguato, ma per completezza di informazione tengo a sottolineare di aver utilizzato anche una monocuffia Pioneer HDJ-1000 e di non aver dubbi sul fatto che in futuro la mia scelta sarà orientata verso una cuffia stereo tradizionale. Per quel che mi riguarda le TMA-1 vanno promosse a pieni voti.

Lele Cecchini e Giona Guidi hanno testato le TMA-1 nello studio di Subtronic Records ed hanno avuto modo di compararne le prestazioni con Pioneer HDJ-1000 e Senheiser HD 25-1.

Lele Cecchini: La TMA-12 riproduce le frequenze basse in modo superbo, sia in termini di quantità che di qualità. La risposta di frequenza dichiarata da AIAIAI si attesta tra i 20Hz e i 4kHz in modo lineare, con circa 12dB di attenuazione. Sicuramente questa è una risposta di frequenza di riferimento, condizionata nella realtà dalla scelta dei cuscinetti auricolari e dal loro posizionamento sulle orecchie. Ad ogni modo carattere, risonanza e room alle basse frequenze si percepiscono eccellentemente. Il suono non è scatolato o rimbombante come accade con altre cuffie chiuse. La spinta, l’impatto e la velocità di attacco sono decisamente buoni.

Anche le medie suonano bene. Mentre in altre cuffie chiuse il midrange resta sotto o, come nel caso delle HD 25-1 suona un pelino irregolare, nelle TMA-1 suona in modo pieno. Un midrange complessivamente realistico come questo è piuttosto inusuale per un prodotto nato con i dj come mercato di riferimento.

Parlando delle frequenze alte non si può dire che brillino al punto da far gridare al miracolo, ma sicuramente risultano abbastanza dettagliate, veloci e non affaticano anche dopo sessioni di ascolto mediamente lunghe.  Qualcuno potrebbe dire che il treble delle TMA-1 rimane un pochino indietro nella scena sonora, se comparato con quello di altre cuffie ma al nostro orecchio è sembrato complessivamente accettabile.

Conclusioni

PROS: Ottima cuffia per dj ma anche per il monitoring da studio. Valida la costruzione ed i materiali utilizzati. Resistente, design originale e buon equlibrio su tutte le gamme di frequenza.

CONS: Impossibilità di ripiegarla come accade per alcune concorrenti. Il prezzo (listino ufficiale 180 Euro) è abbastanza alto, sebbene coerente con i concorrenti.

Super Promozione 2011 da Loopmasters: Samples Gratuiti ed Inediti

Per questo inizio d’anno Loopmasters lancia una serie di iniziative promozionali decisamente interessanti.

La prima prevede la possibilità di scaricare una sorta di anteprima di alcuni samples e loops creati da nomi eccellenti come Andy Karakasis, High Rankin, Justin Robertson, Meat Katie, Prince Fatty, Rasmus Faber, Semus Haji & Paul Emanuel, Timo Maas, Total Science e Utah Saints. Questo materiale è totalmente inedito e farà parte di raccolte più vaste che verrano introdotte nel corso dell’anno. Si tratta di 185 mb divisi in tre parti che potranno essere scaricati fino alla fine di Febbraio 2011.

Parte Uno: http://www.datafilehost.com/download-4f01bd13.html

Parte Due: http://www.datafilehost.com/download-bdb831de.html

Parte Tre:  http://www.datafilehost.com/download-a29c0202.html

La seconda è incentrata sulla serie MixTools prodotta da Loopmasters e che offre strumenti di mixaggio per i DJ che amano editare e ri-editare live le tracce suonate nei loro dj set. In questo caso sono disponibili circa 500 mb di materiale che saranno disponibili sul nostro server per un periodo limitato (diciamo fino alla fine di Gennaio 2011). Dal momento che in futuro seguiranno altre iniziative di questo tipo riservate ai soli utenti registrati di dj-mag.it, vi invitiamo ad accreditarvi per non perdere questa straordinaria opportunità.

Per finire, la terza promozione che riguarda l’intero catalogo di Loopmasters e che consiste in uno sconto del 20% su qualsiasi prodotto disponibile sul sito, fino alla fine di Gennaio 2011.

Loopmasters ci rende noto che nel corso dell’anno verrà rilanciata Public Records, l’etichetta destinata alla promozione di nuovi e sconosciuti talenti  http://www.publicrecordings.co.uk

[Recensione] Traktor’s 12: Gli effetti di Traktor nel Sequencer Preferito

Per coloro che si sono abituati in modo maniacale alla gamma di effetti disponibili all’interno di Traktor Pro, Native Instruments ha rilasciato un pacchetto in cui sono stati selezionati 12 fra gli Fx più noti del programma per dj e resi disponibili come effetti da installare ed utilizzare all’interno del proprio sequencer preferito. Traktor’s 12, rende possibile ciò che prima era fattibile solo attraverso un laborioso routing di audio e MIDI sync tra Traktor e il DAW. Tuttavia va subito precisato che il package non è offerto nel formato plug-in VST/AU/RTAS, ma come componente aggiuntivo all’interno di Guitar Rig. Infatti, sia che lo si acquisti all’interno del Komplete 7 o come pacchetto indipendente, Traktor’s 12 è corredato di un Guitar Rig Player andando a celebrare così una sorta di matrimonio tra ambienti così distanti come quello del djing e quello dei chitarristi rock. In verità questa politica ha portato progressivamente a far emergere Guitar Rig come una sorta di coltello svizzero degli effetti, piuttosto che come ambiente di lavoro dedicato alla nicchia del genere rock/live.

Questa filosofia di integrazione è immediatamente percebile anche a livello di interfaccia grafica, allorchè si lanci un’istanza di Guitar Rig, sia in versione stand alone che come plug-in. I parametri del Traktor’s 12 sono gestiti da un massimo di 4 controlli rotativi e/o 4 pulsanti, anzichè avere un comando per ciascuna funzione della sezione effetti. Ciò comporta che alcuni comandi abbiano il compito di gestire molteplici funzionalità come nel caso del filtro passa alto e passa basso designati ad un unico controllo rotativo che tenuto in posizione centrale non incide minimamente sul suono, mentre interviene con un hi-pass o low-pass allorchè lo si muova a destra o sinistra.

Se si desidera utilizzare il package in modalità avanzata è possibile intervenire sui 120 preset inclusi e che traggono la loro efficacia ed originalità dalla combinazione delle funzionalità base dei Trakor’s Fx e i componenti e modificatori che sono disponibili nel Guitar Rig Player come lo Step Sequencer, LFO o Analog Sequencer. I 12 effetti selezionati tra i 28 originari di Traktor sono: Delay, Reverb, Formant, Peak, LoFi, Ring Modulator, Mulholland Drive, BeatMasher, Gater, Reverse Grain, Transpose Stretch e Beat Slicer.

Demo Effetti

Spiazza un pò ritrovare nella selezione dei 12, alcuni effetti che vanno teoricamente a competere con analoghi Fx presenti nella potente dotazione di Guitar Rig ma, approfondendo , ci si rende conto che la loro unicità e la matrice prettamente DJ con cui sono stati concepiti li rende più che sensati e dedicati. E’ il caso del Mulholland Drive, del Delay o il Reverb.

Le punte di diamante del package ci sono sembrati però il Beat Masher, il Reverse Grain e il Transpose Stretch che possono essere utilizzati per dare originalità e freschezza alle parti ritmiche diversamente statiche e scontate, oppure utilizzati a livello estremo per generare effetti grain di sicuro impatto. Non nascondiamo che esistono altri prodotti in grado di offrire performance comparabili al Traktor’s 12 ma, alla resa dei conti, gran parte di esse si collocano in una fascia di prezzo ben più alta di quanto offerto da Native Instuments. Non dimentichiamo poi che lo scopo di questo package è garantire la familiarità acquisita con gli effetti disponibili in Traktor a quei DJ che si ritrovano a produrre la loro musica nel proprio sequencer preferito.

Il prezzo del pacchetto è 69 euro

[Interview] MICS: Giona Guidi intervista Bob Sinclar

In occasione del MICS di Montecarlo tenutosi lo scorso novembre, il nostro Giona Guidi ha ottenuto un’intervista personale con il famosissimo dj e producer Bob Sinclar. Eccone la trascrizione:

 

Giona: Per la maggior parte degli operatori del mondo della notte il MICS è un’ opportunità per comprendere cosa stia accadendo in questo mercato e la direzione che sta prendendo. Per questo ci piacerebbe chiederti alcune opinioni in qualità di trend setter di alto profilo. Qual’è la tua visione sul mercato e sul clubbing in Europa e in Italia? Trovi che ci siano differenze significative?

Bob: Per me personalmente  l’Italia è un mercato molto importante, soprattutto dal punto di vista discografico. Le mie produzioni vengono particolarmente apprezzate nel vostro paese. In questo aspetto trovo anche la differenza tra il clubbing europeo e quello italiano, perchè il pubblico italiano è decisamente più incline a sonorità melodiche, tipiche dei miei dischi e forse meno ricettivo verso i generi elettronici che imperversano in altri paesi dell’Europa. Il popolo italiano, inoltre, è particolarmente sensibile alla componente “immagine” e questo condiziona anche i gusti musicali o le tedenze del clubbing.

In verità credo che i miei dischi abbiano successo perchè ho lineamenti molto “italiani”… sarà il naso!

Giona: Cosa ne pensi dell’avvento del digital djing? Prescindendo il fatto che esso rappresenti una naturale ed inevitabile evoluzione del nostro mestiere, credi che finisca col privare di significato la professione del dj?

Bob: Io credo che siamo di fronte alla medesima diatriba emersa con l’avvento del compact disc rispetto al tradizionale vinile. Quando iniziai ad usare il cd molti amici e colleghi mi accusavano di non essere più un autentico dj perchè avevo rinunciato a lavorare nel modo in cui tutti hanno sempre concepito questo lavoro. L’evoluzione è inevitabile… credo che bisognerebbe focalizzare la propria attenzione sul fatto che il dj ha il compito di far ballare la gente, farla divertire ed è assolutamente irrilevante che ci riesca con un vinile, un cd o un computer. Personalmente non utilizzo il computer per un semplice motivo: mi distrae dal rapporto col pubblico. Non puoi dare te stesso al pubblico se sei concentrato a guardare il display del tuo portatile e questo diminuisce l’empatia con la pista.

Giona: Ritieni che si stia attraversando una crisi nella cultura musicale? In altre parole, ti sembra che il pubblico sia ancora interessato a  comprendere le tendenze musicali della house music, oppure queste persone riescono ad entusiasmarsi soltanto quando certa musica viene suonata ed ascoltata in contesti speciali come Ibiza?

Bob: Credo che le persone vogliano solo pensare a divertirsi. La musica in discoteca, per loro, non ha nulla a che fare con l’aspetto intellettuale. Loro non si preoccupano che il dj stia suonando con un cd, un vinile o una chitarra, vogliono solo emozionarsi e divertirsi.

Giona: Molti giovani stanno cercando di emergere come dj e produttori. Cosa suggeriresti a questi ragazzi affinché possano percorrere i giusti passi?

Bob: Mi sento di dare un unico consiglio… essere originali. Non devono cercare di copiare la Swedish o lo stile francese, ma trovare una loro personalissima espressione. Sicuramente è una strada più difficile, ma è l’unico modo per emergere realmente e non essere offuscati da chi ha già fatto scuola e trend.

Giona: Entrare in contatto con grandi produttori come te è senza dubbio un’ottima opportunità . Sei aperto ad ascoltare i promo ed i demo dei produttori meno noti? Hai dei canali ufficiali attraverso i quali un produttore possa sottoporre alla tua attenzione il proprio lavoro?

Bob: Assolutamente si, io ascolto tutto quello che mi viene inviato. Ovviamente ho uno staff di persone che fanno una prima scrematura basata sulle mie indicazioni. Tutto ciò che supera questa prima selezione puoi star certo che arriva alle mie orecchie. Chiunque voglia sottoporre il proprio lavoro può andare sul mio sito ufficiale e accedere all’area contatti da cui è possibile inviare il demo/promo.

Giona: I bookers/managers sono figure essenziali per dj del tuo calibro, ma possono essere efficaci e strategici anche per professionisti meno affermati. Sfortunatamente molti proprietari di clubs e direttori artistici non hanno una gran considerazione di questi intermediari e preferiscono gestire un rapporto diretto con l’artista. Ritieni che questi disc jockeys dovrebbero comunque avvalersi di un booking agent oppure dovrebbero vendersi da soli?

Bob: Io sono convinto che, pur con tutte le difficoltà del caso, dovrebbero insistere nel farsi rappresentare da un agente. Non è solo una questione di immagine, ma di suddivisione dei ruoli e dei compiti. Un dj deve pensare alla musica, crearla, editarla, ricercarla… se deve anche vendersi ruba spazio a quello che è il suo vero mestiere. Senza poi tralasciare che anche vendere è un’arte che richiede specifiche attitudini e dovrebbe essere lasciata a chi è realmente capace di farlo al meglio.

Giona: Parlando del rapporto tra l’artista e il suo booker/manager, come vengono influenzate le commissioni e la disponibilità di un dj del tuo calibro dalle relazioni e amicizie personali? Ti trovi a litigare con la tua booker in situazioni come queste, oppure trovate sempre un equilibrio?

Bob: In verità sono sempre io che ho l’ultima parola e la mia booker capisce che, a volte, è necessario fare delle scelte meno remunerative per valorizzare rapporti di amicizia e lavoro. Ancora oggi mi rendo disponibile, in certi contesti, a suonare gratuitamente. Ad esempio in Italia ho partecipato ad un’iniziativa del mio amico Albertino a titolo di pura amicizia.

Giona: Stai lavorando ad un nuovo album?

Bob: Si, è ancora un work in progress ma prevedo la sua uscita per il mese di Aprile o Maggio 2011.

Giona: Grazie Bob, buon lavoro

Bob: Grazie a te, ciao Italia!

MICS di Montecarlo [Seconda Parte]

Proseguiamo la nostra breve disamina sullo svolgimento del Montecarlo International Clubbing Show concentrandoci sui contenuti della seconda giornata. L’approssimarsi del fine settimana ha sicuramente attratto un maggior numero di visitatori, alcuni del settore, molti altri curiosi o semplici clubbers. Monaco si è animata e il MICS con essa.

In questo secondo appuntamento abbiamo avuto modo di presenziare a due conferenze che avevano ad oggetto rispettivamente il rapporto agenzie di booking/clubs e le nuove tecnologie nella professione del disc jockey. Nella prima delle due ci è stato possibile assistere al confronto di approcci sostanzialmente differenti: dal club medio come Le Palais di Cannes fino al Amnesia di Ibiza.

Realtà importanti come Amnesia, importanti sia per prestigio internazionale che per dimensioni e capienza hanno sottolineato la totale assenza di relazioni con agenzie di booking e la gestione interna del rapporto con gli artisti. A supporto di questa linea non c’è  soltanto una deliberata scelta, ma anche e soprattutto una condizione oggettiva. Un locale da 4000 persone non può permettersi scelte artistiche sperimentali ed è quasi costretto ad offrire ai propri ospiti nomi di grandissimo spicco e richiamo, in modo da garantire un’adeguata affluenza. Lasciare alla concorrenza i nomi eccellenti e giocare la carta di un disc jockey con un posizionamento di mercato inferiore si tramuterebbe in una serata quasi certamente in perdita. Da questa circostanza deriva la possibilità di offrire alle star dj un numero cospicuo di ingaggi e l’inevitabile canale privilegiato nei contatti e nella trattativa.

In una posizione differente si trovano invece i locali come il Palais che pur seguendo scelte artistiche di livello elevato tendono ad avvalersi anche di agenzie di booking che consentano di esplorare il mercato in cerca di talenti emergenti e spettacoli originali, sebbene meno commerciali. Questo anche perchè sarebbe impensabile offrire ogni sera dj sets da 50 mila euro ad un sala dalla capienza media.

Facendo la media dei differenti approcci ci sembra di poter tirare le somme in questa direzione, peraltro condivisa dai relatori della conferenza: il drastico spostamento in alto dei compensi di alcuni artisti ha reso inaccessibili certi prodotti ai locali medio-piccoli. Il club cerca di puntare, oggi più che in passato, sul richiamo del “nome” e in virtù di questa scelta giustifica o meno l’investimento economico. Sebbene lo si ammetta con rammarico tali dinamiche di mercato sembrano inevitabili e proiettano uno scenario in cui il dj medio difficilmente troverà opportunità su questi palcoscenici, per quanto bravo, competente, originale. L’unico modo sembra essere quello di sfruttare lo strumento delle produzioni discografiche che valorizzano (se di buona qualità e risonanza) il nome dell’artista. Purtroppo non possiamo esimerci dal porre una domanda provocatoria: buon produttore è un inequivocabile sinonimo di buon disc jockey? Come evidenziato dal titolare di una delle agenzie di booking intervenute, quello che si cerca di proporre ai clubs è un disck jockey capace di animare una pista da ballo e tale capacità non va necessariamente a braccetto con quella di produttore discografico.

Passando alla seconda conferenza è stata affrontata la questione dell’ingresso delle tecnologie nella professione del dj. Non vi è dubbio che anche in questo caso si stia assistendo ad un fenomeno inevitabile, ma si è provato a comprenderne i limiti. Non staremo qui  ad alimentare l’interminabile diatriba tra vecchia scuola e nuova scuola del disck jockey, non vi è dubbio che il digital djing abbia aperto nuovi scenari ed abbia reso accessibile questo mestiere anche ai novizi delle nuove generazioni. Bassi costi di ingresso e tecnologie in grado di compensare il divario di esperienza tecnica rispetto ai veterani (vedi Sync) consentono a chiunque di intraprendere questo mestiere. In altre parole stiamo assistendo alla socializzazione del djing. Questo non è necessariamente un male, soprattutto se si considera che oggi si hanno a disposizione mezzi in grado di arricchire drasticamente i contenuti artistici di un dj set. Loops, campionatori, effetti, multi-decks rendono possibile virtuosismi musicali e originalità impensabili con un tradizionale giradischi.

Indiscutibile poi il vantaggio e la comodità di poter portare con sè 30 anni di musica in un paio di kg di peso. Quello su cui quasi tutti i relatori hanno convenuto è “l’effetto distrazione” che la tecnologia esercita sul disc jockey, il quale spende talmente tanto tempo a controllare il monitor e i comandi dei propri controllers da  perdere di vista il rapporto con il pubblico e la pista. Come detto dallo stesso Bob Sinclar, da noi intervistato (a breve pubblicheremo il relativo video), la gente in pista percepisce quando il dj non entra in empatia con la pista che ha di fronte. Mille controlli, centinaia di nomi di tracce, la ricerca di quella che si sposa alla perfezione per garantire un mixaggio da applauso possono spostare l’attenzione da quella che è la mission originale di un dj, ossia animare la serata e far ballare la gente. Con la globalizzazione della musica che consente a tutti di accedere alla medesime produzioni e la tecnologia che appiana le differenze tecniche, fare il dj è, oggi più che mai , una questione di esperienza e capacità di analizzare psicologicamente il pubblico che si ha di fronte, una riflessione che ci sentiamo di raccomandare a tutti i direttori artistici, pr e proprietari di locali.

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